giovedì 3 marzo 2011

Significato Quaresima

 

1. La Samaritana

        Nostro Signore venne alla fontana come un cacciatore, chiese l’acqua per poterne dare; chiese da bere come uno che ha sete, per avere l’occasione di estinguere la sete. Fece una domanda alla Samaritana per poterle insegnare e, a sua volta, essa gli pose una domanda. Benché ricco, Nostro Signore non ebbe vergogna di mendicare come un indigente, per insegnare all’indigente a chiedere. E dominando il pudore, non temeva di parlare ad una donna sola, per insegnarmi che colui che si tiene nella verità non può essere turbato. "Essi si meravigliarono che si intrattenesse con una donna e le parlasse" (Gv 4,27). Egli aveva allontanato i discepoli (cf. Gv 4,8), perché non gli scacciassero la preda; egli gettò un’esca alla colomba, sperando così di prendere tutto uno stormo. Aprì la conversazione con una domanda, con lo scopo di provocare confessioni sincere: "Dammi dell’acqua, perché io beva" (Gv 4,7). Chiese dell’acqua, poi promise l’acqua della vita; chiese, poi smise di chiedere, al pari della donna che abbandonò la sua brocca. I pretesti erano finiti, perché la verità che essi dovevano preparare, era ora presente.

        "Dammi dell’acqua, perché io beva. Essa gli disse: Ma tu sei Giudeo. Egli le disse: Se tu sapessi" (Gv 4,7.9-10); con queste parole, egli le dimostrò che essa non sapeva e che la sua ignoranza spiegava il suo errore; la istruì sulla verità; voleva rimuovere a poco a poco il velo che era sul suo cuore. Se le avesse rivelato fin dall’inizio: Io sono il Cristo, essa avrebbe avuto orrore di lui e non si sarebbe messa alla sua scuola: "Se tu sapessi chi è colui che ti ha detto: Dammi dell’acqua perché io beva, tu gli avresti chiesto... La donna gli disse: Tu non hai un secchio per attingere e il pozzo è profondo. Egli le rispose" (Gv 4,10-11; 4,13): Le mie acque discendono dal cielo. Questa viene dall’alto e la mia bevanda è celeste; coloro che ne bevono non hanno più sete, poiché non vi è che un per i credenti: "Chiunque beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete. Essa gli disse: Dammi di quest’acqua perché io non abbia più sete e non debba venir più qui ad attingerne" (Gv 4,14-15).

        "Egli le disse: Va’ a chiamare tuo marito" (Gv 4,16). Come un profeta, egli le apre una porta per rivelarle cose nascoste. Ma essa gli rispose: "Io non ho marito" (Gv 4,17), per provare se egli conosceva le cose nascoste. Egli le dimostrò allora due cose; ciò che essa era e ciò che essa non era, ciò che era di nome, ma non era in verità: "Tu ne hai avuti cinque, e quello attuale non è tuo marito. Essa gli disse: Mio Signore, vedo che sei un profeta" (Gv 4,18-19). Qui, egli la portò ad un gradino superiore: "I nostri padri hanno adorato su questo monte. Egli le rispose: Non sarà più così, né su questo monte, né a Gerusalemme; ma i veri adoratori adoreranno in spirito e verità" (Gv 4,20-21.23). La esercitava perciò nella perfezione, e la istruì nella vocazione dei gentili. E per manifestare che non era una terra sterile, essa testimoniò, tramite il covone che gli offrì, che il suo seme aveva fruttificato al centuplo: "Ecco, quando verrà il Messia, ci annunzierà ogni cosa. Egli le rispose: Sono io che ti parlo" (Gv 4,25-26). Ma se tu sei re, perché mi chiedi dell ‘acqua ? È progressivamente che si rivelò a lei, prima come Giudeo, poi come profeta, quindi come il Cristo. La condusse di gradino in gradino fino al livello più alto. Essa vide in lui dapprima qualcuno che aveva sete, poi un Giudeo, quindi un profeta, e infine Dio. Essa persuase colui che aveva sete, ebbe il Giudeo in avversione, interrogò il saggio, fu corretta dal profeta e adorò il .

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