giovedì 1 marzo 2012

Credere in Gesù Cristo

Chiunque crede che Gesù è il Cristo...

Se uno ama veramente il Padre, ama anche il Figlio e i figli di Dio. E' un amore che non conosce fatica e genera sicurezza, perché nessuno può sottrarre l'oggetto amato. In tale amore si realizza tutta la Legge e abbraccia i membri di Cristo, cioè la .

[Fede ed amore.]

1. Credo che ricordiate, voi qui presenti ieri, dove siamo giunti nella spiegazione dell'Epistola, cioè là dove si dice: Chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede? Questo comandamento appunto ci viene da lui, affinché chi ama Dio ami anche il suo fratello (1 Gv 4, 20-21). Eravamo giunti fin qui. Esaminiamo ora con ordine quel che segue. Chi crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio (1 Gv 5, 1). Chi è colui che non crede che Gesù è il Cristo? Chi non vive così come Cristo ha comandato. Molti dicono infatti: io credo; ma la fede senza le opere non ci salva. L'amore stesso è opera di fede, secondo le parole di Paolo apostolo: la fede che opera attraverso l'amore (Gal 5, 6). Le tue opere precedenti alla fede o non erano buone o, se tali sembravano, erano inutili. Se non avevi opere buone, tu eri come un uomo senza piedi o incapace di camminare a causa dei piedi piagati. Se invece le tue opere sembravano buone, prima che tu avessi la fede, certo correvi ma fuori strada, e dunque vagavi più che tendere alla meta. Dobbiamo dunque correre ma sulla giusta strada. Chi corre fuori strada, corre inutilmente, anzi lo fa con danno. Tanto più esce di strada, quanto più corre lontano da essa. Quale è la strada sulla quale noi dobbiamo correre? Cristo disse: Io sono la via. Quale è la patria verso la quale corriamo? Cristo disse: Io sono la verità (Gv 14, 6). Noi corriamo sulla strada che è lui e corriamo alla meta che è lui ed in lui troviamo il nostro riposo. Ma appunto perché ci servissimo di lui come della nostra strada, egli è arrivato fino a noi, che eravamo lontani da lui e andavamo errando fuori strada. E' poco dire che erravamo lontano; in realtà, a causa del nostro languore, non potevamo neppure muoverci. Egli venne a noi, quale medico agli ammalati, quale via aperta a noi pellegrini. Che ci sia dato di avere da lui la guarigione, e camminare per suo mezzo. Questo significa credere che Gesù è il Cristo, così come fanno quei cristiani che non sono cristiani solo di nome ma lo sono coi fatti e con la vita; e non già come credono i demoni. Anch'essi infatti credono e tremano (Gc 2, 19), come dice la Scrittura. Che cosa potevano credere i demoni più di quando dissero: Noi sappiamo chi sei: il Figlio di Dio? Ciò che dissero i demoni, lo disse anche Pietro. Quando il Signore domandò chi egli fosse e chi lo ritenesse la gente, quei discepoli risposero: Alcuni dicono che sei Giovanni Battista, altri Elia o Geremia o uno dei Profeti. ,  E Gesù riprese: Ma voi chi dite che io sia? Rispose Pietro: Tu sei il Cristo, il figlio di Dio vivo; e si sentì dire dal Signore: Beato sei, Simone figlio di Giona, perché non la carne o il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. Vedete quale lode ottiene questa fede di Pietro: Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia (Mt 16, 14-18). Che significano le parole: Su questa pietra edificherò la mia Chiesa? Significano: su questa fede che confessa: Tu sei il Cristo Figlio del Dio vivo. Dice dunque il Signore: Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Quale lode grandiosa! Pietro dice: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo; anche i demoni dicono: Sappiamo chi sei: il Figlio di Dio, il santo di Dio. Quello che dice Pietro, lo dicono anche i demoni; ma se le parole sono le stesse, l'animo è diverso. Dove abbiamo la prova che Pietro qui parlava con sentimento di amore? Da questo: che la fede di un cristiano è sostenuta dall'amore; quella di un demonio è priva di amore. Perché senza amore? Perché pronunciava quelle parole con lo scopo di aderire a Cristo, mentre i demoni le pronunciavano con lo scopo di allontanare Cristo da loro. Prima di dire: Sappiamo chi tu sei: il Figlio di Dio, essi avevano detto: Che c'è di comune fra te e noi? Perché sei venuto prima del tempo a perderci? (Mt 8, 29; Mc 1, 24). Altro è infatti rendere testimonianza a Cristo per aderire a lui, altro è rendergli testimonianza per allontanarlo da noi. Vedete dunque che nelle parole: colui che crede, si indica una certa fede, non una fede comune a molti. Perciò nessun eretico, o fratelli, vi dica: Anche noi crediamo. Vi ho portato l'esempio dei demoni proprio perché non vi rallegriate delle parole di quelli che credono; ma esaminiate i fatti delle persone che vivono la loro fede. .

Che c’è tra me e te o donna

Dal

Attraverso le stesse circostanze egli ci vuole suggerire qualcosa, poiché ritengo che non senza una ragione il Signore intervenne alle nozze. A parte il miracolo, il contesto stesso adombra qualche mistero, qualche sacramento. Bussiamo perché ci apra e c'inebri del vino invisibile. Anche noi eravamo acqua e ci ha convertiti in vino, facendoci diventare sapienti; gustiamo infatti la sapienza che viene dalla fede in lui, noi che prima eravamo insipienti. Credo sia proprio mediante la sapienza - non disgiunta dall'onore reso a Dio, dalla lode della sua maestà e dall'amore della sua potentissima misericordia - è proprio mediante la sapienza che potremo pervenire all'intelligenza spirituale di questo miracolo. 3. Di fronte a tanti prodigi compiuti per mezzo di Gesù Dio, c'è da meravigliarsi se l'acqua è mutata in vino per mezzo di Gesù uomo? Diventando uomo, egli non ha cessato di essere Dio: si è aggiunto l'uomo, non è venuto meno Dio. Chi ha compiuto questo prodigio è colui che ha creato tutte le cose. Non dobbiamo meravigliarci che Dio abbia fatto questo, ma piuttosto ringraziarlo perché lo ha fatto in mezzo a noi, e per la nostra salvezza.

[Lo sposo avanza.]

4. Invitato, il Signore si reca ad un festino di nozze.  C'è da meravigliarsi che vada alle nozze in quella casa, lui che è venuto a nozze in questo mondo? Se non fosse venuto a nozze, non avrebbe qui la sposa. E che senso avrebbero allora le parole dell'Apostolo: Vi ho fidanzati ad uno sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo? Che cosa teme l'Apostolo? Che la verginità della sposa di Cristo venga corrotta dall'astuzia del diavolo. Temo - dice - che come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Cristo. Il Signore ha qui, dunque, una sposa che egli ha redento col suo sangue, e alla quale ha dato come pegno lo Spirito Santo (2 Cor 11, 2-3; 1, 22). L'ha strappata alla tirannia del diavolo, è morto per le sue colpe, è risuscitato per la sua giustificazione (cf. Rm 4, 25). Chi può offrire tanto alla sua sposa? Offrano pure gli uomini quanto c'è di meglio al mondo: oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, ville, possedimenti: ci sarà forse qualcuno che può offrire il suo sangue? Se uno offrisse il suo sangue per la sposa, come potrebbe sposarla? Il Signore invece affronta serenamente la morte, dà il suo sangue per colei che sarà sua dopo la risurrezione, colei che già aveva unito a sé nel seno della Vergine. Il Verbo, infatti, è lo sposo e la carne umana è la sposa; e tutti e due sono un solo Figlio di Dio, che è al tempo stesso figlio dell'uomo. Il seno della vergine Maria è il talamo dove egli divenne capo della Chiesa, e donde avanzò come sposo che esce dal talamo, secondo la profezia della Scrittura: Egli è come sposo che procede dal suo talamo, esultante come campione nella sua corsa (Sal 18, 6). Esce come sposo dalla camera nuziale e, invitato, si reca alle nozze.

5. Non è certo senza un motivo recondito che egli sembra non riconoscere la madre, dalla quale era uscito come sposo, quando le dice: Che c'è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora giunta (Gv 2, 4). Cosa significano queste parole? Ha forse presenziato alle nozze per insegnarci a disprezzare la madre? Era andato alle nozze d'un uomo che prendeva moglie per generare dei figli, e che certamente aspirava ad essere onorato dai figli che avrebbe generato. E Gesù avrebbe partecipato alle nozze per mancare di rispetto alla madre, mentre le nozze vengono celebrate e ci si sposa per avere dei figli, ai quali Dio comanda di rendere onore ai genitori? Certamente, fratelli, c'è qui nascosto un mistero. E si tratta di cosa tanto importante che taluni - contro cui, come già abbiamo ricordato, ci ha messo in guardia l'Apostolo dicendo: Temo che, come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Gesù Cristo (2 Cor 11, 3) - i quali, contraddicendo il Vangelo, sostengono che Gesù Cristo non è nato da Maria Vergine, credono d'aver trovato una conferma al loro errore proprio in queste parole del Signore. Come poteva essere sua madre - essi dicono - colei alla quale Cristo disse: Che c'è tra me e te, o donna? Bisogna rispondere a costoro spiegando il significato della frase del Signore, affinché non credano d'aver trovato, sragionando, un argomento contro la fede, che corrompa la purezza della sposa vergine, cioè la fede della Chiesa. E davvero si corrompe, o fratelli, la fede di coloro che preferiscono la menzogna alla verità. Costoro infatti che credono di onorare Cristo negando la realtà della sua carne, lo fanno passare per bugiardo. Coloro che costruiscono negli uomini la menzogna, che altro eliminano da essi se non la verità? Vi introducono il diavolo e ne escludono Cristo; vi fanno entrare l'adultero e ne fanno uscire lo sposo. Sono paraninfi o, meglio, agenti del diavolo: con le loro parole aprono la porta al diavolo e scacciano Cristo. In che modo il serpente s'impossessa dell'uomo? Facendo sì che l'uomo ceda alla menzogna. Quando la menzogna domina, domina il serpente; quando la verità domina, domina Cristo. Egli infatti ha detto: Io sono la verità (Gv 14, 6); del diavolo invece ha detto: Non rimase nella verità, perché in lui non c'è verità (Gv 8, 44). Ora, Cristo è talmente la verità che tutto in lui è vero: Egli è il vero Verbo, Dio uguale al Padre, vera anima, vera carne, vero uomo, vero Dio; vera è la sua nascita, vera la sua passione, la sua morte, la sua risurrezione. Se neghi una sola di queste verità, entra il marcio nella tua anima, il veleno del diavolo genera i vermi della menzogna, e nulla rimarrà integro in te.

sabato 21 gennaio 2012

Purgatorio

Probabilmente chi si accinge a leggere questo capitolo, vorrà subito trovare riscontri biblici sul , vorrà vedere quali sono i versetti che parlano di esso. Sicuramente se il lettore è un protestante si stupirà nell’apprendere che i padri della Riforma credevano nella dottrina del Purgatorio.

Lutero, patriarca e fondatore della riforma, quando si separò dalla , conservò la credenza del purgatorio, nè ebbe difficoltà di predicare queste parole: «Io so che esiste il Purgatorio epperciò sono facile a persuadermi che la santa Scrittura ne faccia menzione. Tuttociò che {62 [98]} io so intorno al si è che le anime vi soffrono e che possono essere sollevate dalle nostre preghiere e dalle nostre opere.» Lutero ciò diceva appoggiato, come noi cattolici, sopra il Capo decimo secondo di s. Matteo dove si parla dei peccati che Dio talvolta perdona nel secolo futuro. Disp. de Leips.

            Calvino collaboratore di Lutero nella Riforma, dapprima negò sfacciatamente il dogma del Purgatorio; ma veduto il consenso universale della Chiesa cattolica fu costretto a dire che il costume di pregare pei morti è antichissimo nella Chiesa e che i più antichi padri avevano creduto al Purgatorio e alle preghiere pei defunti. Calv. Istit., libro, 3.

            Essendo poi stata dimandata a Calvino la spiegazione di alcuni testi della che provano il dogma del Purgatorio, egli non sapendo come sbrigarsi rispondeva con dire che non bisognava scrutare con troppa ansietà lo stato delle anime dopo morte, perciocchè Iddio non ce lo ha voluto rivelare. Che perciò bisognava contentarci di sapere che le anime dei fedeli sono in uno stato di riposo dove attendono con gioia la gloria promessa, e che {63 [99]} tutto è sospeso cosi fino all'arrivo di Gesù Cristo in qualità di Redentore, Ist. lib. 3, c. 25.

            Ecco uno stato di mezzo tra il Paradiso e l'Inferno che ha molta analogia col Purgatorio. Cosi quel Capo Riformatore, mentre negava una verità, era dall' evidenza costretto a professarla. Tale si è la credenza comune dei calvinisti sul Purgatorio.

            Gli anglicani avevano da principio conservato le preghiere pei morti; ma più tardi essendo nati gravi dissidii sopra di ciò; per mantenere la pace si lasciò che ciascuno pensasse sopra tal materia secondo il privato suo giudizio; onde non è raro il caso d'incontrare colà varii protestanti i quali, alla morte de' loro congiunti od amici, come per naturale movimento del loro cuore, pregano per essi.

            Altrove poi si dice: Noi sappiamo che gli antichi hanno parlato della preghiera pei morti, e noi non lo vogliamo proibire. Apol. de la confer. d'Ausbourg.

            Leibnizio, che passa tra' più eruditi , parlando del si esprime così: II sentimento più antico della Chiesa si è che bisogna pregare pei morti, i {64 [100]} quali ricevono suffragio dalle nostre preghiere, e che quelli che sono usciti da questa vita sebbene siano divenuti eredi del cielo, per la remissione della pena eterna, e pel loro ritorno in grazia con Dio, ciò non ostante hanno ancora da subire un castigo paterno pei loro peccati, ed essere purificati, soprattutto se non hanno abbastanza cancellate queste macchie durante la loro vita sopra la terra. Leibnits, sur la religion.

            Beausobre, altro dotto ministro protestante, dice esplicitamente. La preghiera pei morti non fa disonore alla ragione; ciò è conforme alla scrittura.

            Altro protestante, Pietro Marlin, professava pure che: È costume di tutti i tempi il pregare pei defunti.

Per capire bene un argomento non si comincia dal nocciolo, ma gradatamente partendo dall’esterno di procede verso di esso.

Ma tanto per dare un accenno che sarà approfondito più avanti, ecco alcuni versetti che alludono ad un luogo intermedio tra Paradiso e Inferno, un luogo dove non si riceve la condanna definita, ma delle punizioni, delle percosse, tanto per usare un termine biblico.

“Ci hai fatto passare per il fuoco e l’acqua, ma poi ci hai dato sollievo” (Sal 66)

Lc 12 43-48 “Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.”

Qui ovviamente si allude al ritorno di Gesù, che giudicherà il mondo, se ci fosse solo il premio del Paradiso o la condanna dell’Inferno non si parlerebbe di poche percosse, cioè di punizione, ma di premio o condanna. Le poche percosse indicano una punizione più lieve rispetto alle molte percosse. In Paradiso non si ricevono percosse, ma gioia senza fine, all’inferno si ricevono molte percosse, per l’eternità. Le poche percosse, cioè una punizione minore, che lascia intendere la possibilità di accedere in Paradiso, (dopo aver ricevuto le poche percosse) dove si ricevono?

In Paradiso no, all’inferno no, quindi?

Deve per forza esistere un luogo intermedio, dove si sconta la punizione assegnata per la purificazione, e poi di accede al Paradiso.

Catechesi sull’Eucaristia

 

Da dove nasce però la controversia con i fratelli protestanti circa la presenza reale di Gesù Cristo nell’?

Fu Zwingli, e non Lutero, a ideare il semplice ricordo del sacrificio di Gesù sulla Croce, dicendo che gli era apparso uno spirito che gli suggerì i versetti di Esodo cap.12 dove si parla della Pasqua, che significa il passaggio di nostro Signore, ecco il verbo greco Est, che viene usato in “Questo è il mio corpo…” Zwingli prese a dire che era lo stesso di quello di Esodo, quindi fece aggiungere ai suoi libretti, “Questo significa il mio corpo…” negando e riducendo così la presenza reale a semplice commemorazione del sacrificio.

Ecco cosa scriveva Lutero nel suo libro “Le Parole di Cristo”:

"Ci chiamano carnivori, bevitori di sangue, antropofagi, cafarniti, arroganti, etc., come se fossimo dementi, insensati, o furiosi, come se avessimo ingoiato follemente Cristo e lo mangiassimo a pezzetti come il lupo divora la pecora, e bevessimo il suo sangue come la mucca beve l’acqua.
Anche se avessero ragione, il che è impossibile, nell’affermare che nell’ non vi sia realmente altro che pane e vino, se pure vogliono infuriarsi e tuonare contro di noi con queste orribili blasfemie di un Dio bollito, un Dio impanato,
...non dovrebbero comunque avere rispetto della santa parola di Cristo, non inventata da noi: QUESTO E' IL MIO CORPO?"
(MARTIN LUTERO, Le parole di Cristo: Questo è il mio corpo siate fer­mi contro i fanatici)

La differenza sta proprio nel guardare bene i versetti di Esodo, che spiegano essi stessi il significato della Pasqua, dicendo che significa il passaggio del Signore, nel Nuovo Testamento invece non troviamo spiegazione alle parole “Questo è il mio corpo…questo il mio sangue…chi mangerà la mia carne avrà la vita eterna”, anzi molti discepoli che non capirono male le parole di Gesù limitandosi al significato superficiale, letterale, si allontanarono da lui, dicendogli che quelle parole erano troppo dure. Notiamo che Gesù vedendoli allontanarsi non li chiamò dicendogli “ma che cosa avete capito??? Quello che ho detto significa…, li lasciò andare, perché non c’era nulla da semplificare nel suo insegnamento. Non voleva essere una semplice commemorazione, altrimenti Gesù glielo avrebbe spiegato, neppure gli apostoli capirono, ma nonostante questo non si allontanarono da Gesù, che gli chiese se anche loro volevano andarsene per non aver capito, Pietro gli rispose “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.” gli stava evidentemente chiedendo un atto di fede, gli chiedeva di fidarsi di Lui, anche se non capivano come potessero mangiare la sua carne. Il corpo di Gesù in forma gloriosa, assume altre proprietà, non governate dalle leggi della fisica, in modo mistico, si rende presente nella sostanza, non nella forma, del pane e del vino. E’ lo Spirito Santo che vivifica il pane e il vino, cioè li rende vivi nella sostanza, se si pensa in modo carnale non giova a nulla, non si può capire questo grande mistero, e nemmeno crederci. Naturalmente questa interpretazione mise Zwingli in netto contrasto con Lutero, il quale predicava la presenza reale di Gesù nel pane e nel vino, fino alla durata della Messa, finita la celebrazione ritornavano ad essere semplici pane e vino. La Chiesa cattolica invece insegna la presenza reale che dura oltre la , una volta consacrati il pane e il vino diventano vero corpo e vero sangue di Gesù, anche a celebrazione terminata restano tali.