venerdì 22 aprile 2011

Pasqua Cristiana

La Pasqua ebraica e la Pasqua di Cristo

E’ giusto partire

Dopo la nona piaga, quella delle tenebre, il faraone «convocò Mosè e Aronne e disse: “Partite, servite il Signore! Solo rimanga il vostro bestiame». Mosè oppose un netto rifiuto. Bastò questo perché il faraone si ricredesse e subito disse a Mosè: «“Vattene da me!... Guardati dal ricomparire davanti a me, perché quando tu rivedrai la mia faccia morirai”. E Mosè disse: “Hai parlato bene: non vedrò più la tua faccia”».
«Il Signore disse a Mosè: “Ancora una piaga manderò contro il faraone e l’Egitto; dopo egli vi lascerà partire da qui, vi lascerà partire senza restrizione, anzi vi caccerà via di qui”». Il Signore vuole compiere, per il suo popolo, un atto di giustizia e ordina a Mosè che ogni famiglia ebrea chieda ai suoi vicini oggetti di valore, d’oro e d’argento, ed egli muove il cuore degli egiziani ad essere generosi con gli ebrei.
Mosè annuncia al faraone l’ultimo, tremendo castigo: “la morte dei primogeniti”. Il faraone gli resiste ancora. L’indignazione di Mosè definito uomo molto mansueto, era proprio giunta al colmo.
Viene poi narrata l’istituzione della Pasqua. vuol dire “passaggio”. Quello che il Signore aveva fatto per il suo popolo era cosa troppo grande per non essere ricordata solennemente fino alla fine dei secoli. Il suo significato è profondo. C’è un passaggio dalla schiavitù alla libertà, dal potere di satana al potere di Dio. La sapienza di Dio agisce in modo da educare il suo popolo alla conoscenza dei valori supremi della vita e, prima ancora, alla conoscenza di lui. Era pur necessario che almeno un popolo, su tutta la terra, fosse totalmente suo. E, come un tempo egli si era manifestato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, ora vuole manifestarsi ai loro discendenti.
Gli ebrei, vissuti per 430 anni in Egitto, avevano visto la magnificenza dei templi dedicati agli idoli e potevano anche esserne affascinati.
Vedremo fino a che punto l’idolatria aveva contaminato gli israeliti. Chi aveva ricordato loro, in quel tempo, le grandi rivelazioni di Dio ai loro padri? Ora la sua onnipotenza si era manifestata nelle azioni tremende da lui compiute contro il popolo egiziano.
L’inizio di una nuova vita libera da tutte le fatiche e le angherie, subite in Egitto, dovette lasciarli come trasognati e Mosè, per il comando di Dio, vuole che il momento della loro liberazione venga celebrato in modo singolare e solenne.
Innanzitutto, vi sarà un nuovo computo del tempo. Il mese nel quale gli ebrei lasceranno l’Egitto dovrà essere considerato il primo mese dell’anno. Nel decimo giorno del primo mese ogni famiglia doveva provvedersi di un agnello o di un capretto, maschio, di un anno, senza difetti. Al quattordicesimo giorno del mese, “fra i due vespri”, quell’agnello doveva essere ucciso. Con il suo sangue gli ebrei dovevano segnare gli stipiti e la soglia della porta delle loro case. In quella stessa notte, doveva esserne mangiata la carne arrostita al fuoco con pane azzimi e con erbe amare. E dovevano fare questo in tenuta da viaggio, in fretta. Con questo pasto si celebrava il passaggio del Signore.
In quella notte il Signore fece morire ogni primogenito degli egiziani. Il sangue sulla soglia e sugli stipiti delle case degli ebrei era il segno che essi dovevano essere preservati da quel flagello. Dal quattordicesimo al ventunesimo giorno del mese bisognava mangiare pane azzimo, non lievitato; chi non avesse obbedito doveva essere messo a morte. Che cosa significava quel lievito? Quale forza vitale negativa vi era in esso? Mosè infine dichiara che questo «“È il sacrificio della Pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli israeliti in Egitto, quando colpì l’Egitto e salvò le nostre case”. E il popolo si inginocchiò e si prostrò». Ecco, infine, l’epilogo di questo dramma: «A mezzanotte il Signore percosse ogni primogenito nel paese d’Egitto…; un grande grido scoppiò in Egitto». E il faraone chiamò di notte Mosè ed Aronne e li sollecitò a partire; così anche tutto il popolo egiziano, temendo di perire, sollecitava gli ebrei ad andarsene.
Poi il Signore ordinò a Mosè che gli fossero consacrati tutti i primogeniti, degli uomini e degli animali, e gli ricorda che per sette giorni gli ebrei devono mangiare pani azzimi. E questa prescrizione doveva tener vivo, di generazione in generazione, il ricordo di quanto il Signore aveva fatto per la salvezza del suo popolo. Così quando ogni giovane ebreo avrebbe chiesto a suo padre il perché di questa tradizione gli sarebbe stato detto: «Con braccio potente il Signore ci ha fatto uscire dall’Egitto, dalla condizione servile.
Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nel paese d’Egitto». Il Signore volle che questo evento fosse ricordato per sempre. (cfr, Il Timone 2005)