sabato 12 marzo 2011

La Chiesa e gli Eunuchi

La e gli eunuchi

     

Scritto da Rino CAMMILLERI   

Armando Torno, recensendo in prima pagina sul Corsera del 6 agosto un libro di Hubert Ortkemper  (Angeli controvoglia, Paravia), chiedeva  sommessamente al Papa un ulteriore meaculpa: il ritardo con cui la vietò l'uso di cantori castrati nella Cappella pontificia. Fu infatti Leone XIII a proibirli, a tre secoli dalla loro ammissione (concessa, va detto, a furor di popolo). Eh, sì: ormai la lista rischia di diventare lunghissima, anche perché ci sono alcuni (ma Torno non è tra questi) cui gli atti di contrizione non bastano mai. Potremmo suggerire il nepotismo dei papi, inaugurato da Innocenzo III e durato secoli. Difficile, infatti, spiegare a un contemporaneo che nel Medioevo la pietas nei confronti della famiglia era considerata un dovere primario perché la famiglia era tutto e l'individuo nulla.
E se il prossimo Papa sbottasse che è ora di finirla con 'ste richieste di meaculpa! Se - Deus avertat - addirittura facesse un dietrofront su tutta la linea? Se astutamente aprisse una stagione di convegni internazionali tramite i quali demolire uno ad uno i fondamenti storici (storici, si badi) dei meaculpa di fine millennio? In fondo, basterebbe fare come fu fatto con quel megasimposio sull'Inquisizione, pochi anni fa: condotto ai più alti livelli, demolì completamente la leyenda negra sul famigerato tribunale. Lo stesso, ancor prima, col processo di Galileo. Naturalmente, l'unica cosa rimasta sulla titolazione dei giornali fu la chiosa finale. Che però suonava pressappoco così: signori contemporanei che vivete in tempi di liberaldemocrazia, alla luce della sensibilità odierna un “tribunale della coscienza” (parafrasando il titolo di un'importante opera del maggior studioso italiano d'Inquisizione romana, Adriano Prosperi) è cosa insopportabile, lo riconosciamo; chiediamo a Dio perdono se in qualche cosa gli uomini di hanno sbagliato alcuni secoli addietro. Naturalmente - aggiungiamo noi - gli uomini di alcuni secoli addietro l'avevano, la sensibilità, molto diversa e, quelli, non sentivano ragioni né scuse. L'animo contemporaneo prova più pena per Caino; quello d'ancien regime tifava per Abele. Certo, è vero che la non deve andar dietro alle pruderies mondane, sempre cangianti, ma è altrettanto vero che qualche soddisfazione deve pur darla, non foss'altro che per non cadere sotto l'accusa di essere disincarnata.
Ora, per tornare ai “sopranisti” castrati, ovviamente condividiamo lo sdegno e la pena per quei poveracci che, illo tempore, subivano una mutilazione (diversa, ma altrettanto ripugnante) che fa in qualche modo il paio con l'accecamento dei canarini per farli gorgheggiare (barbara usanza di non pochi ciabattini fino a tutti gli anni Cinquanta del secolo appena trascorso). Ma la castrazione era fenomeno antichissimo (vi fa riferimento anche Cristo nel Vangelo) e diffuso in tutto l'orbe (in certi posti, in India per esempio, esiste ancora oggi). Non di rado erano le famiglie che sottoponevano i bambini a tale pratica per garantir loro una fonte di sostentamento; e magari, perché no, il successo e la ricchezza. Nell'Europa cristiana la cosa penetrò tra mite l'invasione musulmana della Spagna. E ancora verso la fine del Settecento c'erano nobi-luomini seguaci dei Lumi che pagavano fior di chirurghi perché rifornissero le loro cappelle musicali di piccoli castrati. Sì, è vero che Sisto V nel 1589 autorizzò la presenza di eunuchi nei cori, ma era lo stesso papa che aveva reiterato pene severe per chi ne fabbricasse. Il fatto è che ormai la loro presenza era dilagante. Il successore di Sisto V, Gregorio XIV, tentò di arginare questa maledetta pratica con una serie di decreti, ma dovette anche lui arrendersi ai fatti compiuti: il castrato non era colpevole e, vietandogli di cantare in luoghi prestigiosi come quelli pontifici, si sarebbe ingiustamente colpito solo lui. Un successivo papa, Benedetto XIV, si scagliò contro l'abominevole moda in un'enciclica del 1749. Che ebbe la stessa efficacia (zero) dei richiami dell'attuale pontefice contro l'aborto. Dopo di lui. Clemente XIV provò a cambiare sistema, vietando l'uso di castrati per i ruoli femminili nelle opere. Niente, sì dovette attendere che tale ignobile usanza cadesse da sé, cosa che accadde quando la concorrenza delle donne-soprano divenne insostenibile. Proprio l'anno scorso è uscito un libro di V. De Angelis, Eunuchi (Piemme), che sarebbe interessante leggere per conoscere l'ampiezza, storica e geografica, del fenomeno. Si comprenderebbe meglio quanto sia difficile “arginare il mare con uno scoglio”, come (per restare nel campo musicale) recita una suggestiva canzone di Mogol-Battisti. Insomma, è sempre così: immergendosi nella storia, si scopre che, in quelle circostanze (come in tutte le altre), la cercò di barcamenarsi, tenendo però continuamente presente l'antico adagio cristiano secondo il quale non di rado il bene è nemico del meglio.

IL TIMONE  N. 17 - ANNO IV - Gennaio/Febbraio 2002 - pag. 52 - 53

Nessun commento:

Posta un commento