sabato 21 gennaio 2012

Purgatorio

Probabilmente chi si accinge a leggere questo capitolo, vorrà subito trovare riscontri biblici sul , vorrà vedere quali sono i versetti che parlano di esso. Sicuramente se il lettore è un protestante si stupirà nell’apprendere che i padri della Riforma credevano nella dottrina del Purgatorio.

Lutero, patriarca e fondatore della riforma, quando si separò dalla , conservò la credenza del purgatorio, nè ebbe difficoltà di predicare queste parole: «Io so che esiste il Purgatorio epperciò sono facile a persuadermi che la santa Scrittura ne faccia menzione. Tuttociò che {62 [98]} io so intorno al si è che le anime vi soffrono e che possono essere sollevate dalle nostre preghiere e dalle nostre opere.» Lutero ciò diceva appoggiato, come noi cattolici, sopra il Capo decimo secondo di s. Matteo dove si parla dei peccati che Dio talvolta perdona nel secolo futuro. Disp. de Leips.

            Calvino collaboratore di Lutero nella Riforma, dapprima negò sfacciatamente il dogma del Purgatorio; ma veduto il consenso universale della Chiesa cattolica fu costretto a dire che il costume di pregare pei morti è antichissimo nella Chiesa e che i più antichi padri avevano creduto al Purgatorio e alle preghiere pei defunti. Calv. Istit., libro, 3.

            Essendo poi stata dimandata a Calvino la spiegazione di alcuni testi della che provano il dogma del Purgatorio, egli non sapendo come sbrigarsi rispondeva con dire che non bisognava scrutare con troppa ansietà lo stato delle anime dopo morte, perciocchè Iddio non ce lo ha voluto rivelare. Che perciò bisognava contentarci di sapere che le anime dei fedeli sono in uno stato di riposo dove attendono con gioia la gloria promessa, e che {63 [99]} tutto è sospeso cosi fino all'arrivo di Gesù Cristo in qualità di Redentore, Ist. lib. 3, c. 25.

            Ecco uno stato di mezzo tra il Paradiso e l'Inferno che ha molta analogia col Purgatorio. Cosi quel Capo Riformatore, mentre negava una verità, era dall' evidenza costretto a professarla. Tale si è la credenza comune dei calvinisti sul Purgatorio.

            Gli anglicani avevano da principio conservato le preghiere pei morti; ma più tardi essendo nati gravi dissidii sopra di ciò; per mantenere la pace si lasciò che ciascuno pensasse sopra tal materia secondo il privato suo giudizio; onde non è raro il caso d'incontrare colà varii protestanti i quali, alla morte de' loro congiunti od amici, come per naturale movimento del loro cuore, pregano per essi.

            Altrove poi si dice: Noi sappiamo che gli antichi hanno parlato della preghiera pei morti, e noi non lo vogliamo proibire. Apol. de la confer. d'Ausbourg.

            Leibnizio, che passa tra' più eruditi , parlando del si esprime così: II sentimento più antico della Chiesa si è che bisogna pregare pei morti, i {64 [100]} quali ricevono suffragio dalle nostre preghiere, e che quelli che sono usciti da questa vita sebbene siano divenuti eredi del cielo, per la remissione della pena eterna, e pel loro ritorno in grazia con Dio, ciò non ostante hanno ancora da subire un castigo paterno pei loro peccati, ed essere purificati, soprattutto se non hanno abbastanza cancellate queste macchie durante la loro vita sopra la terra. Leibnits, sur la religion.

            Beausobre, altro dotto ministro protestante, dice esplicitamente. La preghiera pei morti non fa disonore alla ragione; ciò è conforme alla scrittura.

            Altro protestante, Pietro Marlin, professava pure che: È costume di tutti i tempi il pregare pei defunti.

Per capire bene un argomento non si comincia dal nocciolo, ma gradatamente partendo dall’esterno di procede verso di esso.

Ma tanto per dare un accenno che sarà approfondito più avanti, ecco alcuni versetti che alludono ad un luogo intermedio tra Paradiso e Inferno, un luogo dove non si riceve la condanna definita, ma delle punizioni, delle percosse, tanto per usare un termine biblico.

“Ci hai fatto passare per il fuoco e l’acqua, ma poi ci hai dato sollievo” (Sal 66)

Lc 12 43-48 “Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.”

Qui ovviamente si allude al ritorno di Gesù, che giudicherà il mondo, se ci fosse solo il premio del Paradiso o la condanna dell’Inferno non si parlerebbe di poche percosse, cioè di punizione, ma di premio o condanna. Le poche percosse indicano una punizione più lieve rispetto alle molte percosse. In Paradiso non si ricevono percosse, ma gioia senza fine, all’inferno si ricevono molte percosse, per l’eternità. Le poche percosse, cioè una punizione minore, che lascia intendere la possibilità di accedere in Paradiso, (dopo aver ricevuto le poche percosse) dove si ricevono?

In Paradiso no, all’inferno no, quindi?

Deve per forza esistere un luogo intermedio, dove si sconta la punizione assegnata per la purificazione, e poi di accede al Paradiso.

Catechesi sull’Eucaristia

 

Da dove nasce però la controversia con i fratelli protestanti circa la presenza reale di Gesù Cristo nell’?

Fu Zwingli, e non Lutero, a ideare il semplice ricordo del sacrificio di Gesù sulla Croce, dicendo che gli era apparso uno spirito che gli suggerì i versetti di Esodo cap.12 dove si parla della Pasqua, che significa il passaggio di nostro Signore, ecco il verbo greco Est, che viene usato in “Questo è il mio corpo…” Zwingli prese a dire che era lo stesso di quello di Esodo, quindi fece aggiungere ai suoi libretti, “Questo significa il mio corpo…” negando e riducendo così la presenza reale a semplice commemorazione del sacrificio.

Ecco cosa scriveva Lutero nel suo libro “Le Parole di Cristo”:

"Ci chiamano carnivori, bevitori di sangue, antropofagi, cafarniti, arroganti, etc., come se fossimo dementi, insensati, o furiosi, come se avessimo ingoiato follemente Cristo e lo mangiassimo a pezzetti come il lupo divora la pecora, e bevessimo il suo sangue come la mucca beve l’acqua.
Anche se avessero ragione, il che è impossibile, nell’affermare che nell’ non vi sia realmente altro che pane e vino, se pure vogliono infuriarsi e tuonare contro di noi con queste orribili blasfemie di un Dio bollito, un Dio impanato,
...non dovrebbero comunque avere rispetto della santa parola di Cristo, non inventata da noi: QUESTO E' IL MIO CORPO?"
(MARTIN LUTERO, Le parole di Cristo: Questo è il mio corpo siate fer­mi contro i fanatici)

La differenza sta proprio nel guardare bene i versetti di Esodo, che spiegano essi stessi il significato della Pasqua, dicendo che significa il passaggio del Signore, nel Nuovo Testamento invece non troviamo spiegazione alle parole “Questo è il mio corpo…questo il mio sangue…chi mangerà la mia carne avrà la vita eterna”, anzi molti discepoli che non capirono male le parole di Gesù limitandosi al significato superficiale, letterale, si allontanarono da lui, dicendogli che quelle parole erano troppo dure. Notiamo che Gesù vedendoli allontanarsi non li chiamò dicendogli “ma che cosa avete capito??? Quello che ho detto significa…, li lasciò andare, perché non c’era nulla da semplificare nel suo insegnamento. Non voleva essere una semplice commemorazione, altrimenti Gesù glielo avrebbe spiegato, neppure gli apostoli capirono, ma nonostante questo non si allontanarono da Gesù, che gli chiese se anche loro volevano andarsene per non aver capito, Pietro gli rispose “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.” gli stava evidentemente chiedendo un atto di fede, gli chiedeva di fidarsi di Lui, anche se non capivano come potessero mangiare la sua carne. Il corpo di Gesù in forma gloriosa, assume altre proprietà, non governate dalle leggi della fisica, in modo mistico, si rende presente nella sostanza, non nella forma, del pane e del vino. E’ lo Spirito Santo che vivifica il pane e il vino, cioè li rende vivi nella sostanza, se si pensa in modo carnale non giova a nulla, non si può capire questo grande mistero, e nemmeno crederci. Naturalmente questa interpretazione mise Zwingli in netto contrasto con Lutero, il quale predicava la presenza reale di Gesù nel pane e nel vino, fino alla durata della Messa, finita la celebrazione ritornavano ad essere semplici pane e vino. La Chiesa cattolica invece insegna la presenza reale che dura oltre la , una volta consacrati il pane e il vino diventano vero corpo e vero sangue di Gesù, anche a celebrazione terminata restano tali.