domenica 5 giugno 2011

Ancora sui fratelli di Gesù

Nel caso dei , essi vivevano in stretto contatto con lui ed erano parenti assai

prossimi: se fossero stati cugini di primo grado, il greco ellenistico dei Vangeli non avrebbe

adoperato il termine anepsioi.

Infatti, nell unico caso in cui la parentela è chiara ed indica un legame di cuginanza di primo grado,

il greco biblico usa proprio il termine adelphos:

Figli di Macli: Eleazaro e Kis. Eleazaro morì senza figli, avendo soltanto figlie; le sposarono i figli

di Kis, loro fratelli. (1Cr 23, 21-22)

Esaminiamo il punto successivo.

Il testo che viene citato dagli storico-critici contro la verginità di Maria è il seguente:

Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l angelo del Signore e prese con sé la

sua sposa; ma non si accostò a lei, fino alla nascita del figlio; e gli pose nome Gesù. (Mt 1, 24-25)

(Testo tratto dalla Nuovissima versione della Bibbia, 1991)

Qualche manoscritto della versione siriaca aggiunge (o sostituisce) a non si accostò a lei la frase

e visse santamente con lei .

La traduzione interlineare di A.Bigarelli (1998) suona così:

Alzatosi allora Giuseppe da il sonno, fece come ordinò a lui l angelo del Signore e prese la

moglie di lui, e non conobbe lei finché non partorì (un) figlio; e chiamò il nome di lui Gesù (Mt 1,

24-25)

Una lettura superficiale del testo potrebbe lasciar supporre che, con le parole fino a o finché

non , l evangelista volesse intendere che Giuseppe non toccò Maria prima della nascita di Gesù,

ma che in seguito lo fece, ma questo lo approfondiremo più avanti.

Il

“Nel tentativo di giustificare il loro rifiuto verso la verginità perpetua di Maria, evangelici ed evangelicali sono costretti a forzare il significato dei termini “finché” e “fratelli” dando ad essi un solo e singolo significato. Ridicolizzano pure la Chiesa cattolica, attribuendogli non meglio precisate intenzioni di sostituire in toto la parola “fratello” con “cugino” ovunque se ne incontri una. Non è così, non si può attribuire alla Chiesa cattolica una tale sciocchezza, sarebbe più corretto precisare che anche i cugini vengono inglobati nel “fratello” scritto dagli ebrei. Non si può tradurre scelleratamente fratello=cugino, ogni volta che si incontra tale termine, bisogna sempre tener conto del contesto. Così affermano, come fanno diversi autori protestanti, che per i cattolici il termine adelfòs (letteralmente fratello) vuole, quando è applicato agli adelfòi (letteralmente fratelli) di Gesù, dire sempre e solo "cugino". Non è vero!

Per quanto riguarda il termine "finché" sono ovviamente costretti a sostenere che "finché" indica sempre la fine di un’azione e l’inizio di un’altra. Non è vero!” (cfr, del fratello Massimo del sito Difendere la vera fede)

In greco, obiettano i fratelli non cattolici, esistono due termini diversi per indicare rispettivamente fratello e cugino, adelphos=fratello, anepsiòs=cugino, questo è parzialemente vero, ma dimenticano che i Vangeli sono stati scritti in greco raccontando episodi ebraici, raccontano il modo di esprimersi e di comportarsi del popolo ebraico, che sicuramente non è uguale a quello del popolo greco, né di quello occidentale. Sul vocabolario di Greco – Rocci, usato nelle università e nei licei, il termine Adelphos, viene tradotto con “fratello”, lo stesso dizionario, come è solito di tutti i dizionari, riporta anche altri significati attribuiti alla stessa parola, tra questi il Rocci dice che Adelphos può essere usato anche per indicare un “parente, connazionale, membro della stessa tribù”. Il termine “fratello” pronunciato da un ebreo quindi poteva significare anche compatriota, compaesano, membro della stessa tribù, cugino di primo grado, parente stretto, nipote, di questi esempi ne troviamo diversi nella Bibbia, stranamente però in un libro scritto da Jean Gilles intitolato “I fratelli e sorelle di Gesù” ed. Claudiana, di esempi relativi al Vecchio Testamento ne vengono riportati solo tre. In questo modo si induce il lettore a ritenere che esistano i tre soli esempi riportati dall’autore, quando invece di esempi se ne trovano molti altri, li vedremo più avanti.
Nei testi ellenistici di provenienza orientale il termine adelphos assume una gamma di significati ancora più ampia: secondo l’ esperta papirologia Orsolina Montevecchi (1957), nei papiri esso può significare fratello (o sorella) in senso stretto, ma anche cugino, cognato, parente, marito

(o moglie). Tale ampiezza di significati è ben documentata nei testi greci provenienti da ambienti semitici.

Vangelo del Giorno

In queste pagine trovate un utile servizio per poter leggere in anticipo il che verrà letto in tutte le chiese cattoliche italiane. Utile per preparare i commenti e le riflessioni sulla parola di Dio.

venerdì 3 giugno 2011

Il Dono delle lingue

PROFEZIA, DONO DELLO SPIRITO:

DALL'ANTICO AL NUOVO TESTAMENTO.


La visione delle ossa aride in Ezechiele non e' solamente un'immagine fantasiosa. Ha una forza profetica molto piu' grande: con questa poderosa metafora di ossa che si rivestono di carne e riprendono vita grazie al soffio di Dio, il profeta ci annuncia una rinascita, una nuova creazione.
Dio ricomincia la storia da capo, rinnova tutto l'universo.
Creare vuol dire fare una cosa nuova, che ancora non esiste. Ora lo Spirito di Dio rinnova ogni giorno il prodigio della creazione:
"Ecco, io faccio una cosa nuova: e' adesso che germoglia. Non la riconoscete ?"(Is 43,19)
Il Secondo Isaia si riferisce ancora, in questo modo, a un intervento divino destinato a cambiare la storia: la liberazione degli esiliati.
Il Terzo Isaia scrive: "Ecco io creo cieli nuovi e una terra nuova" (Is 65,17). In realtà, neppure lui esce dalla storia: i cieli nuovi non sono altri cieli, la terra nuova non e' un'altra terra.
Sono gli stessi cieli, la stessa terra "rinnovati" dal soffio di Dio grazie all'universalità' del dono creazionale dello , al fatto che esso viene riversato in ogni uomo:

"Così dice Dio, il Signore,
che crea i cieli e li spiega,
che stende la terra e quanto ne esce,
che infonde l'alito al popolo che l'abita
e il soffio a quanti vi camminano sopra:
Io, il Signore, ti ho chiamato nella giustizia
e ti ho preso per mano.
Ti ho custodito e ti ho posto
come patto del popolo, luce delle genti
(Is 42,5-6).
(cf. Is 42,1; Is 59,21)
"Lo Spirito del Signore Dio e' su di me
dal momento che il Signore mi ha unto
(Is 61,1).
In questo ultimo passo l'unzione conferisce una stabilità al dono: a differenza dei profeti piu' antichi, l'infusione dello Spirito non e' temporanea, bensì legata a un progetto esistenziale, a una vocazione permanente.
Lo Spirito del Signore è assolutamente libero di fare ciò che vuole perché Dio ha una sua volontà sovranamente libera e conferisce i suoi doni a chi vuole (generalmente a chi è pronto ad accoglierli). L'uomo e' stato pensato ad immagine di Dio, in modo che possa instaurarsi una stretta, intima relazione fra di loro.
Anche l'uomo è dotato di una volontà decisionale che, entro certi limiti creaturali, è libera, ed è il suo cuore. In Ezechiele, come pure nel Terzo Isaia, "spirito" e "cuore" sono usati come perfetti sinonimi:

"Perche' cosi' dice l'Alto ed Elevato,
che dimora in eterno e il cui nome e' Santo:
In luogo alto e santo io dimoro,
ma anche col contrito e l'umile di spirito
per far rivivere lo spirito degli umili
e ridar vita al cuore dei contriti"
(Is 57,15).

Contrizione e umiltà di spirito che sono la condizione stessa per stare davanti a Dio nella nostra verità creaturale. Solamente lo può santificare lo spirito dell'uomo. Ma questo dono non e' mai fatto una volta per tutte: deve essere costantemente rinnovato.
I doni dello Spirito, secondo Isaia, sono destinati a rivelarsi anzitutto nel Messia figlio di David.
C'e' una interdipendenza fra profezia e compimento, di modo che l'uno non può stare senza l'altra. In questo senso i santi Padri hanno sempre considerato insieme Antico e Nuovo Testamento, ed e' giusto così.
Possiamo ricavare un insegnamento: nel nostro cammino verso la nostra maturità umana e spirituale, ogni passo, ogni gradino che si sale, ha un grande significato e ci avvicina al compimento. Dopo non viene del tutto eliminato perché costituisce la nostra storia, la fatica che abbiamo sperimentato nel tendere alla meta, alla pienezza della nostra condizione di creatura che cerca il Signore. I profeti, tutti i profeti, hanno reso testimonianza a Gesù' senza neppure bisogno di una confessione esplicita del suo nome.
Se davvero noi crediamo che lo "ha parlato per mezzo dei profeti", per quanto in maniera velata, allusiva, misteriosa - ma proprio per questo così efficace, così suggestiva - tutto questo costituisce oggi e sempre una testimonianza di Gesù'.” (Padre Claudio Traverso)

I pentecostali non distinguono bene il valore battesimo cristiano, infatti essi cominciano col separarlo in due fasi, “battesimo in acqua” e “battesimo nello Spirito” alterando così l’insegnamento battesimale che troviamo nella Bibbia.

Essi dicono che il battesimo in acqua è una semplice pubblica testimonianza della propria fede, il credente testimonia la propria fede davanti alla comunità per mezzo del battesimo in acqua.

Ma non è questo l’insegnamento battesimale che ci ha raccomandato Gesù, Giovanni battista battezzava in acqua, ma con l’avvento di Gesù quel battesimo fu destinato a scomparire, per lasciare il posto a colui che battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Nel linguaggio biblico fuoco significa in questo caso purificazione, fuoco purificatore, anche l’acqua è segno di purificazione.

Quindi si può usare l’analogia “dopo di me verrà Colui che battezzerà in Spirito Santo e acqua…”

Senza alterarne il significato biblico.

Quindi nel battesimo cristiano è sempre presente lo Spirito Santo, l’acqua è il segno visibile, lo Spirito Santo è l’elemento invisibile che realmente purifica dal peccato.

Non si può quindi parlare di “battesimo in acqua” e “ nello Spirito” ma semplicemente di battesimo cristiano, nel quale l’acqua è solo il simbolo di purificazione mentre lo Spirito la opera.

Se il battesimo in acqua sarebbe una semplice testimonianza della propria fede cristiana, non si capirebbe perché Pietro abbia battezzato presso la casa di Cornelio tutti coloro che ricevettero l’effusione dello Spirito.

Se già questi parlavano in lingue vuol dire evidentemente che stavano testimoniando in maniera molto vistosa la propria fede, tra l’altro in presenza di un apostolo, che bisogno avevano di testimoniare con il battesimo in acqua la propria fede?

La purificazione dal peccato, sia esso di origine o personale. Quindi il non è una formalità votata alla testimonianza, ma una necessità imprescindibile, per purificare dai peccati precedenti.

Se non si fa attenzione a valutare il contesto, confrontandolo pure con altri episodi simili, si corre il rischio di alterare l’insegnamento biblico.

Bisogna saper distinguere tra “effusione dello Spirito” e “”, perché Paolo ci parla proprio di effusione dello Spirito, e non di Battesimo.

giovedì 2 giugno 2011

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